Il gesto indicatore

Una collettiva di giovani fotografi dedicata alla cittá che muta

Galleria Contemporaneo
9 Maggio - 14 Giugno 2009

Inaugurazione:
8 Maggio ore 18.30

Forse è solo con uno sguardo plurale che si può cogliere le molteplicità di aspetti della città di terraferma. Le sue trasformazioni sono allo stesso tempo discrete e sfuggenti quanto profonde. I diversi lavori, i diversi punti di vista proposti dagli allievi di un laboratorio universitario dedicato alla fotografia contemporanea, quale è quello tenuto da Marco Zanta allo IUAV, restituiscono i cambiamenti in atto, osservandoli lì dove non sembra esservi nulla di particolare: in un parco urbano la cui frequentazione evidentemente colloca lo scenario delle persone riprese in una dimensione che non è, con ogni evidenza, più locale; lungo le strade, nelle pause di attesa di un mezzo pubblico. È ciò che sfugge che attira. Un po' come in una notissima poesia di Baudelaire dedicata "A una passante" dove veniva descritto l'attimo di un incontro casuale, e di uno scambio di sguardi in cui si apriva e consumava nello stesso momento un orizzonte di vita possibile. Ora il dispositivo fotografico, posto fra lo sguardo dei passanti e quello di chi riprende la scena urbana, non ha certo la subitanea intensità partecipativa descritta dal poeta. Si mantiene su un piano più distaccato come se avesse consumato il pathos di una partecipazione possibile alla vita altrui. Ma è proprio questo distacco a restituire una rappresentazione degli altri, entro lo scenario urbano, più 'neutra', più oggettiva, e in qualche modo più puntuale.

La fotografia ritrova così un suo carattere di notazione che non pretende di proporre una immagine risolutiva e magari di forte impatto. È sul versante della discrezione che avviene la ripresa, su quel limitare dove l'esemplarità del gesto qualsiasi, catturata dal fotografo, e il dovuto rispetto della privacy altrui si toccano. È infatti a questa fragile disposizione, la privacy, che viene delegato il mantenimento di una residuale zona d'ombra, dove sembra conservarsi la normalità della vita comune, della vita qualsiasi, avvolta da una ubiquitaria e pervasiva luce mediatica. Ed è dunque un delicato esercizio di equilibrio che è chiamato a compiere colui/colei che si accinge a fotografare la vita altrui.